Cosa Sono?

Il patto parasociale è UN’ACCORDO TRA SOCI stipulato al di fuori dell’atto costitutivo, con cui  i soci dispongono di determinati diritti che derivano dal contratto sociale, disciplinando in tal modo i loro rapporti interni, oppure i rapporti con la società, con organi sociali o con terzi, interessi  sociali e determinati comportamenti all’interno delle dinamiche sociali.

Il contratto parasociale, dunque, è una CONVENZIONE ESTRANEA AL CONTRATTO SOCIALE: disciplina i rapporti interpersonali tra soci in maniera difforme o complementare rispetto a quanto previsto dall’atto costitutivo.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire meglio la loro funzione, quando e perché si sottoscrivono, le caratteristiche che li contraddistinguono la loro valenza.

Si tratta di atti che sono la manifestazione di volontà di privati e, in quanto tali, vanno distinti dagli atti di estrinsecazione e realizzazione dell’organizzazione societaria perché attengono ai rapporti interindividuali tra soci e non all’organizzazione sociale stessa.

In considerazione del loro carattere privatistico, sono vincolanti solo per i soci che li firmano, non avendo alcuna incidenza per i terzi soggetti che, nel corso del tempo, potranno alternarsi all’interno della compagine societaria.

La normativa

I principi di diritto sono contenuti nella disciplina dettata per le SPA, per la precisione nell’articolo 2341 bis c.c.

Da una prima lettura, dunque, sembrerebbe applicabile solamente alle Società per Azioni.

Si ritiene, tuttavia, plausibile il ricorso ai patti parasociali anche per le Società a Responsabilità Limitata, con l’unica differenza che, in queste ultime, non si potrà far riferimento alla normativa dettata per le S.p.A., bensì soltanto all’autonomia contrattuale prevista dal Codice civile (contratti in generale).

A cosa servono?

La costituzione di un patto parasociale è volta a perseguire la finalità di dare un indirizzo compatto all’organizzazione della società e, al contempo, immobilizzare il più possibile gli aspetti relativi alla proprietà (ad esempio con prelazioni, compravendita o blocchi a trasferimenti di azioni).

Vantaggi e Svantaggi

Ogni volta che i soci intendono regolamentare i diritti che scaturiscono in loro favore dalle partecipazioni sociali, può essere utile ricorrere ai patti parasociali.

Il primo vantaggio è legato al fatto che, una volta stipulati, possono non essere resi noti sia per il contenuto che per l’esistenza a soggetti terzi che non fanno parte del patto (anche nel caso di altri soci che restano estranei al patto parasociale).

A fronte di tale innegabile beneficio, si ha come contraltare l’impossibilità di applicare sanzioni da parte della società nel momento in cui il patto non venga rispettato.

Ed il motivo è molto semplice.

Trattandosi di accordi tra privati svincolati dalla società (si vincolano i soci partecipanti al patto tra loro), la loro violazione da parte di un aderente rende quest’ultimo passibile soltanto dell’applicazione di rimedi che scaturiscono da infrazioni contrattuali (come penali, risoluzione per inadempimento, richiesta di risarcimento del danno) ad opera degli altri soci, senza che la società possa sanzionare in alcun modo tale violazione.

Quanti tipi di Patti Parasociali esistono?

I PATTI PARASOCIALI possono riguardare posizioni amministrative, diritti patrimoniali, situazioni giuridiche passive.

I più frequenti si identificano in:

  • Sindacati di voto;
  • Sindacati di blocco;
  • Sindacati azionari di vario genere;
  • Sindacati di emissione o di collocamento.
  • Ci sono anche altri patti che riguardano:
  • l’impegno a deliberare gli aumenti di capitale a scadenze stabilite;
  • la nomina di persone determinate a ricoprire le cariche sociali;
  • le modalità di ripartizione degli utili.

Ci sono poi gli accordi tra soci relativi all’esercizio del voto mediante i quali essi si vincolano a votare in un certo modo nelle assemblee o in altro organo collegiale.

Ma andiamo con ordine e vediamo le varie categorie di patti parasociali con le relative caratteristiche

Sindacato di voto

È uno strumento cui si ricorre quando non ci sono singoli azionisti in grado di controllare l’assemblea.

Di conseguenza, il gruppo di comando costituendo un patto parasociale:

  • dà alla società stabilità e controllo dell’indirizzo sociale;
  • tutela la compagine societaria dalle manovre speculative;
  • opera una difesa contro operazioni di scalata da parte di soggetti estranei.

Non è tuttavia inusuale che anche tra i soci di minoranza si costituiscano patti per permettere una maggiore difesa dei loro interessi.

Oltre che alle classiche ipotesi nelle quali il sindacato di voto trova applicazione nel gruppo di maggioranza o di minoranza di una società, questa tipologia sindacato può trovare applicazione anche tra soci di una società controllante per regolare in tal modo il diritto di voto nella società controllata.

I sindacati di voto possono essere disposti a maggioranza o all’unanimità e possono riguardare diverse fattispecie:

  • impegnarsi ad una semplice consultazione reciproca prima di ogni assemblea;
  • regolamentare tra loro l’esercizio del diritto di voto per una o più assemblee e per un periodo di tempo determinato (es. esercizio in corso) oppure indeterminato (salvo il diritto di recesso) e solo per determinate materie;
  • regolamentare l’esercizio del diritto di voto solo per determinate materie (es. operazioni sul capitale, nomina amministratori, ecc.);
  • votare in conformità alle scelte decise dalla maggioranza degli aderenti al sindacato;
  • delegare il voto ad uno di essi che può votare liberamente o secondo quanto predeterminato.

Il limite che incontrano è legato al proprio contenuto che può comportarne l’invalidità.

Sono considerati nulli, infatti, i sindacati che:

  • stabiliscono criteri di nomina delle cariche sociali in contrasto con le norme inderogabili che attribuiscono il potere all’assemblea;
  • dato il numero degli aderenti, l’indeterminatezza e le generalità delle obbligazioni sono idonei a svuotare di funzioni e di contenuto l’assemblea della società o da sopprimere la libertà di voto con la possibilità della formazione di maggioranze assembleari fittizie;
  • subordinano il voto ad interessi extrasociali o a favore di persona in conflitto di interessi, o che contrastino con l’interesse sociale.

Il SINDACATO DI VOTO si distingue in due fattispecie:

  • SINDACATO SENZA ORGANI: dove l’orientamento di voto viene determinato dai singoli partecipanti;
  • SINDACATO CON ORGANI: che presenta una effettiva organizzazione, sede, statuto, norme di funzionamento e organi propri (assemblea dei soci sindacati, comitato di direzione, direttore del sindacato, segreteria del sindacato). In questa seconda tipologia il voto del sindacato può essere espresso all’unanimità, oppure a maggioranza (in base ai quorum deliberativi previsti per quote o per teste).

Una volta viste le tipologie dei sindacati di voto e come gli stessi operano, la domanda che può sorgere è una: come obbligare i contraenti a rispettare i patti parasociali?

In genere si ricorre a diverse formule per creare un ulteriore vincolo nei riguardi del socio come, ad esempio: quella di conferire delega al rappresentante comune dei soci (c.d. direttore del sindacato) affinché voti nelle assemblee secondo le disposizioni del patto parasociale, oppure intestazione delle azioni a società fiduciaria o, ancora, alla girata per procura delle azioni ad un terzo;

Sindacati di blocco

Hanno lo scopo di disciplinare e limitare la libera circolazione delle azioni e delle quote stabilita nel contratto sociale.

I soci aderenti a questo tipo di sindacato si impegnano reciprocamente a non vendere le proprie azioni (o la propria quota) per un certo periodo di tempo, oppure a vendere solo a determinate condizioni.

Tutto questo fa sì di impedire le variazioni indesiderate nella compagine sociale, ad esempio perché si vuole evitare la presenza di soci non graditi, oppure impedire che un’eventuale ingresso di nuovi soggetti possa alterare gli equilibri societari.

Alla sua scadenza è rinnovabile ed è necessaria una nuova manifestazione di volontà delle parti, perché altrimenti si estingue.

Di solito le clausole tipiche di un sindacato di blocco corrispondono a quelle che frequentemente sono contenute all’interno dello Statuto.

Esse si identificano in:

  • Clausola di inalienabilità;
  • Clausola di prelazione;
  • Clausola di gradimento.

Patto di inalienabilità

Per mezzo di questo accordo, il titolare della partecipazioni sociale si obbliga a non trasferire (a chiunque) le partecipazioni sociali oggetto del patto.

Patto di gradimento

Il titolare delle partecipazioni sociali si obbliga a effettuare la cessione solo dopo aver ricevuto il gradimento all’operazione da parte dei soggetti muniti di tale potere autorizzatorio.

Tale sindacato viene definito “di difesa” al fine di evitare operazioni speculative di ribasso.

Patto di prelazione

Con questa clausola il titolare delle partecipazioni sociali che intende procedere alla cessione si obbliga ad offrirle preventivamente in prelazione agli altri soggetti (c.d. beneficiari della prelazione), soci o non soci.

In questa terza tipologia, si può operare un’ulteriore distinzione tra prelazione alla pari (il socio che vuole cedere la propria partecipazione è libero di offrirla ai soggetti beneficiari della prelazione (in genere gli altri soci) al prezzo ritenuto più opportuno ed in base al quale venderebbe al terzo. Nel caso in cui i beneficiari si dichiarino disposti ad acquistare la partecipazione al prezzo di offerta, essi vengono preferiti (alla pari) al terzo acquirente e prelazione impropria. [il prezzo di offerta delle partecipazioni è vincolato a specifici criteri predeterminati (es. valore di libro delle azioni o delle quote sociali)].

L’inserimento delle clausole (prelazione, gradimento) nello statuto comporta che detti vincoli acquisiscono efficacia reale e la loro inosservanza produce l’inopponibilità  dell’atto compiuto nei confronti della società.

Ciò significa che chi ha acquistato in violazione di tali clausole non viene riconosciuto come socio dalla società e non può esercitare i diritti connessi.

Oltre ai patti sopra menzionati se ne possono descrivere altre tipologie, quali Patti di consultazione (di solito collegati ai sindacati di voto); è un tipologia di patto parasociale che vincola le parti a discutere delle materie oggetto di voto nella successiva assemblea, oppure il Patto relativo al finanziamento della società, per mezzo del quale i soci che hanno stipulato l’accordo si impegnano ad offrire un prestito alla società fino a concorrenza di un multiplo prestabilito della partecipazione posseduta da ciascun socio, o ancora il Patto relativo agli utili e alle perdite, mediante il quale possono essere fissati criteri di ripartizione degli utili e/o delle perdite in modo diverso rispetto a quanto stabilito nell’atto costitutivo o nello statuto della società.

Quest’ultima ipotesi incontra un limite inderogabile, poiché, ad esempio, non si può mai andare a garantire un utile per alcuni soci, svincolando gli stessi da eventuali perdite (si tratterebbe di un patto in contrasto con il patto leonino, ossia del patto che vieta l’esclusione di alcuni soci dalla partecipazione agli utili).

Come detto in precedenza, la nullità dei patti è legata al loro contenuto.

Esempi di patti nulli possono essere:

  • Patto tra soci ed amministratori in cui gli amministratori designati dal patto sono vincolati ad esercitare le proprie funzioni secondo le indicazioni dei soci;
  • Patto tra soci ed amministratori in cui gli amministratori designati dal patto sono vincolati ad esercitare le proprie funzioni secondo le indicazioni dei soci;
  • Patto nel quale il socio-amministratore si obbliga a non ripresentare, dietro corrispettivo, la propria candidatura;
  • Patto per il quale taluno sia indotto ad accettare da un socio o da un terzo la nomina ad amministratore purché questi si assuma l’obbligo di attenersi a direttive dategli dallo stesso socio o terzo, in contrasto con gli interessi della società o dei singoli soci.

Pubblicità Dei Patti Parasociali

A seconda che si tratti di società quotate in borsa, oppure di società che fanno ricorso o meno al mercato del credito o meno (distinzione tra società definite “aperte” e “chiuse”), il regime pubblicitario dei patti parasociali è diverso.

Per le Società quotate vengono imposti una serie di specifici obblighi pubblicitari per tutelare i risparmiatori e gli azionisti di minoranza.

Nel dettaglio, si tratta di:

  • comunicazione alla CONSOB dell’esistenza del patto entro 5 giorni dalla sua stipulazione;
  • la pubblicazione su un quotidiano del patto;
  • il deposito del testo del patto presso il Registro delle imprese e presso la sede sociale, entro 5 giorni dalla stipula;
  • Sanzioni per inosservanza degli obblighi pubblicitari – nullità del patto e divieto del diritto di voto per le azioni appartenenti al patto non pubblicizzato.

Per le Società “aperte” – l’articolo 2431-ter c.c. prevede che le società che fanno ricorso a strumenti finanziari diffusi in maniera rilevante devono sottostare ad obblighi pubblicitari meno stringenti rispetto a quelli previsti per le società quotate, infatti devono:

  • Dichiarazione all’inizio di ciascuna assemblea la persistenza del patto;
  • Trascrivere la predetta dichiarazione nel verbale assembleare;
  • Depositare i l verbale assembleare al Registro delle imprese

Per le Società “chiuse”, invece, non viene prevista alcuna forma di pubblicità, proprio perché, non essendoci ricorso al mercato finanziario, non si avverte il rischio di instabilità societaria dovuta alla potenziale presenza di nuovi soci.

Forma dei patti parasociali

Il patto parasociale può essere formulato in qualsiasi modo in base al principio della LIBERTÀ DI FORMA, quindi anche verbalmente.

Il patto, generalmente, viene stipulato con scrittura privata in unico originale depositato presso un terzo scelto dalle parti e incaricato di rilasciarne copia su richiesta di ciascuna di esse.

Patti parasociali – durata

Il patto parasociale può essere contratto a tempo determinato o indeterminato:

  • se stipulato a tempo determinato, la scadenza è fissata in genere con l’approvazione del bilancio;
  • se stipulato a tempo indeterminato, il partecipante al patto può recedere in ogni momento, salvo preavviso di 180 giorni;
  • ci sono patti che stabiliscono anche le condizioni di scioglimento degli stessi.
  • L’art. 2341-bis, c. 1 specifica che “Qualora il patto (di voto, di blocco, di concertazione) non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di centottanta giorni”.
  • Il regime della durata è fissato dalla legge per i sindacati di voto, di blocco e di concertazione, vale a dire quelli diretti a “stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società”, ma è libero per gli altri.

Patti parasociali a tempo indeterminato

  • Sono ammissibili i patti parasociali a tempo indeterminato e ciascun contraente ha diritto di recedere ad nutum con un preavviso di 180 giorni.
  • Sono nulle le clausole che eliminano il diritto di recesso.

Patti parasociali di durata con termine incerto o eccessivamente lungo

Se le parti hanno convenuto una durata limitata dei patti parasociali, ma determinata con riguardo ad un termine eccessivamente lungo o un termine incerto (es. per tutta la durata della società o per la vita dei contraenti) si deve verificare quale sia la reale intenzione delle parti per assegnare i patti alla relativa categoria (tempo determinato o tempo indeterminato e recesso ad nutum).

Se il patto è a TEMPO DETERMINATO, infatti, la legge LIMITA LA DURATA A CINQUE ANNI e comunque si intendono stipulati per questa durata anche se è previsto un tempo maggiore.

È possibile stabilire un temine inferiore, ma non superiore ai cinque anni.

In ogni caso, alla loro scadenza i patti sono rinnovabili.

Tutte le clausole che dispongono un rinnovo obbligatorio per periodi complessivamente superiori al quinquennio sono nulle.

Nel rispetto del termine quinquennale dei patti, si ritiene inammissibile la clausola che prevede il RINNOVO TACITO dei patti.

Il termine quinquennale può subire delle eccezioni.

SONO ESCLUSI dalla durata massima quinquennale i “patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo” (art. 2341 bis, c. 3, c.c.) (es. accordi consortili e joint ventures).

Il Recesso dai Patti Parasociali

Il recesso dai patti parasociali, di solito, si esercita secondo quanto previsto dalla clausola in esso contenuta.

Tuttavia, in assenza di specifica clausola, si ritiene opportuno che il patto sia sciolto per mutuo consenso.

Efficacia

Trattandosi di accordi di diritto privato, i patti parasociali producono effetti solo per le parti che li sottoscrivono.

Di conseguenza, gli obblighi che derivano dal patto parasociale non possono essere messi in esecuzione in forma specifica.

Questo significa che per la loro tutela ci si deve rivolgere al giudice per avere una pronuncia che statuisca sul punto.

Per maggior chiarezza, la violazione del contenuto del patto può essere ragione di risarcimento dei danni eventualmente subiti dagli altri soci aderenti al patto, a condizione che questi ultimo provino (e quantifichino) il danno subito.

Una considerazione importante deve essere svolta con riguardo ai nuovi soci, ad esempio per quanto riguarda l’ipotesi di cessione della partecipazione sociale.

In tal caso, i patti parasociali NON vincolano il nuovo socio, salva l’ipotesi in cui il nuovo socio vi abbia aderito (ed il patto lo consenta).

La ragione è molto semplice ed è rappresentata dal fatto che l’obbligazione parasociale è di natura esclusivamente personale e quindi non vincola gli eventuali futuri soci.

Dalla sottoscrizione del patto parasociale scaturiscono quindi dei diritti.

Tali diritti derivanti ai sottoscrittori del contratto parasociale si prescrivono nel termine ordinario di 10 anni e non in quello più breve di cinque anni previsto ex art. 2949 c.c. per gli atti societari essendo applicabili le regole generali del contratto.

Ipotesi particolari: Drag along e tag along

Sono clausole statutarie che disciplinano la circolazione delle partecipazioni societarie.

Si tratta di patti che ricorrono nei casi di cessione di partecipazioni di un socio condizionate ad acquisti ulteriori.

Il Patto Di Co-Vendita “DRAG ALONG“

Ogni volta che a un socio viene attribuito il diritto di pretendere che gli altri soci vendano, congiuntamente alla sua, le proprie partecipazioni nella società, alle medesime condizioni economiche, si parla di “drag along”.

La finalità è quella di agevolare il disinvestimento da un’azienda, permettendo così di cedere anche a fronte di richieste che, in considerazione di maggioranze assembleari di difficile raggiungimento, renderebbero tale operazione impossibile.

Affinché la clausola sia correttamente applicata, è fondamentale la valorizzazione della partecipazione del socio in posizione di soggezione, onde evitare una sorta di al fine di evitare che si determini una sorta di privazione. A tal proposito, infatti, sarà fondamentale che il socio obbligato alla dismissione possa recuperare almeno il valore che gli sarebbe spettato nel caso in cui avesse operato il recesso.

Il Patto Di Co-Vendita “TAG ALONG“

Si tratta dell’operazione speculare a quella descritta in precedenza.

SI prevede il diritto del socio (in genere di minoranza) di vendere (o meglio co-vendere) le proprie partecipazioni al terzo estraneo alla compagine sociale che intenda acquistare una partecipazione sociale di maggioranza, beneficiando delle medesime condizioni economiche.

La finalità è quella di evitare di ritrovarsi in una compagine societaria senza la presenza di un soggetto che ha avuto un peso strategico nella scelta di partecipare alla società.

L’avente diritto, ad ogni modo, resta libero o meno di aderire alla proposta di compravendita, seppur formulata alla condizioni previste nel patto parasociale.

La clausola dovrà prevedere:

l’obbligo per il soggetto passivo di informare gli aventi diritto del ricevimento della proposta di acquisto di un terzo;

l’onere di dichiarare entro un termine fisso la propria disponibilità di vendere a parità di prezzo e condizioni;

l’obbligo del soggetto passivo di adoperarsi affinché il terzo acquisti anche la partecipazione dell’avente diritto;

in caso di rifiuto del terzo, nell’obbligo del soggetto passivo di non vendere la propria partecipazione o di ridurre l’ammontare della partecipazione venduta al fine di consentire all’avente diritto di vendere parte della propria partecipazione.

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