LA RESPONSABILITÀ DELLA BANCA

Nel mercato finanziario è frequente il ricorso a determinati tipi di prodotti che assurgono al nome di contratti finanziari derivati.

Uno dei contratti maggiormente conosciuti in ambito finanziario è il contratto derivato swap.

COS’È

Viene definito come un contratto “nominato”, ma atipico in quanto privo di disciplina legislativa (o per meglio dire socialmente tipico, poiché diffuso).

Tra le caratteristiche essenziali troviamo:

  • l’essere un contratto a termine (quindi con una durata prestabilita);
  • consensuale (pertanto frutto di accordo tra le parti);
  • oneroso (a pagamento);
  • aleatorio, ossia incerto.

Proprio su questo ultimo aspetto ci si deve focalizzare in maniera particolare.

COME FUNZIONA

Al momento della sottoscrizione ci sono due parti che perseguono interessi tra loro contrapposti (normalmente un istituto di credito da un lato e un cliente, sia esso privato, azienda o ente pubblico, dall’altro).

Il soggetto proponente il contratto al cliente, normalmente, è una banca.

Quest’ultima, quindi, in questo genere di contratti riveste al contempo la veste di consulente e controparte del proprio cliente, in una situazione, pertanto, di immanente conflitto di interessi.

Da questa prima descrizione il derivato, dunque, appare come uno strumento finanziario abbastanza complesso.

Nonostante ciò, nel corso degli anni ha trovato ampia diffusione, in particolar modo nella forma che prevede come finalità contrapposte quelle sui tassi di interesse.

Ed è proprio questo uno dei profili meritevole di particolare attenzione, sul quale torneremo in seguito.

Ma andiamo con ordine e vediamo di descrivere bene il tutto.

Uno dei tratti salienti, se non il principale, che contraddistingue l’interest rate swap è lo scambio di flussi di cassa.

Cosa si intende per flussi di cassa?

Significa che a scadenze prefissate, le parti contrattuali, reciprocamente, potranno scambiarsi delle somme (i flussi di cassa appunto) frutto dell’applicazione di diversi parametri (ossia i tassi di interesse) ad un capitale di riferimento fissato in contratto.

PERCHÈ

La ragione di questo scambio deve essere individuata in una delle caratteristiche del contratto, ossia l’aleatorietà.

Il derivato, infatti, può avere la propria funzione nella copertura di un rischio mediante un contratto aleatorio, con la finalità di limitare le incertezze legate alla fluttuazione dei tassi di interesse.

In sostanza, significa che a fronte di un contratto bancario – finanziario con determinate caratteristiche ed interessi da corrispondere, si può far fronte con un altro contratto, appunto il derivato.

Per capire meglio, si potrebbe avere uno schema di questo genere:

  • il cliente ha in essere con la banca un contratto (ad esempio di mutuo o leasing) a tasso variabile, che per propria natura soggiace al mutamento dei tassi di interesse;
  • per tutelarsi dal rischio di un aumento eccessivo, si sottoscrive un derivato che, collegandosi al contratto già esistente, porterà un vantaggio per il cliente, in quanto all’aumento degli interessi passivi pagati sul contratto di mutuo, corrisponderà un aumento degli interessi attivi pagati in suo favore dalla banca sul derivato;
  • in questo modo ci si copre, ossia si neutralizza il rischio, poiché l’eventuale aumento viene ad essere compensato dal differenziale a proprio favore ricevuto dalla controparte.

Descritto così sembrerebbe essere uno scenario ideale, quasi perfetto per certi versi.

Attenzione!

In realtà non è sempre come abbiamo spiegato poc’anzi.

E la ragione è molto semplice, in virtù del fatto che il contratto derivato può anche avere una differente finalità rispetto a quella di copertura.

Nel caso in cui non ci sia alcun rischio da cui cautelarsi, infatti, il derivato potrà essere considerato come una sorta di investimento.

Per costante giurisprudenza, in questi casi di parla di “scommessa finanziaria differenziale”, ossia un contratto il cui contenuto è liberamente determinabile dalle parti ai sensi dell’art. 1322 c.c. a condizione che, per entrambe, si traduca in una “scommessa razionale”.

Si tratta, quindi, di una scommessa che le parti contrattuali attuano sull’andamento dei tassi futuri, realizzando una vera e propria speculazione (punto sul quale torneremo tra poche righe).

Appare fin troppo evidente, dunque, che a seconda della caratteristica perseguita dal contratto derivato, lo stesso potrà essere più o meno indicato per un determinato cliente o meno, poiché chi intende coprirsi da un rischio tenderà a non sottoscrivere un derivato speculativo, mentre, di contraltare, chi persegue queste ultime finalità di certo non avrà interesse a operare alcuna copertura per altri contratti.

Fatta questa doverosa precisazione sulle diverse finalità che si possono perseguire con il contratto derivato, occorre chiarire un aspetto ulteriore.

Si tratta di una questione che è alla base di questa tipologia contrattuale.

Come già detto, le parti del contratto sono, di solito, la banca e il cliente (sia esso privato, azienda o ente pubblico).

Non è difficile, quindi, immaginare che le parti contrattuali partono da due punti diversi sotto il profilo della conoscenza dei prodotti finanziari.

Mentre da un lato, la banca è certamente un operatore professionale pienamente conscio del mercato finanziario e dei suoi potenziali sviluppi (e conseguentemente dei potenziali rischi che assume), lo stesso non si può dire, eccetto qualche eccezione, per il cliente.

Per tal motivo, quest’ultimo deve essere messo a piena conoscenza di tutti gli aspetti inerenti il contratto, sia quelli evidenti che non, ivi compresi i rischi che corre con la sottoscrizione.

La ragione è palese e si individua nell’esigenza di consentire al cliente di essere pienamente consapevole del contratto che si va a firmare.

E questo vale sia nel caso si persegua una finalità di copertura, sia speculativa.

Affinché possa essere ritenuto valido, infatti, è necessario che il contratto contenga tutti gli “scenari probabilistici”, il valore del contratto (definito in gergo “Mark to Market”) e gli elementi occulti.

Solo in questo modo le parti potranno avere piena conoscenza e decidere, pertanto, nella piena consapevolezza se sottoscrivere il contratto, magari anche decidendo di correre determinati rischi di perdite patrimoniali rispetto a quanto investito.

Ma entriamo nel dettaglio per capire cosa si intende con questi concetti.

GLI SCENARI PROBABILISTICI

Gli scenari probabilistici sono le possibili evoluzioni del mercato e devono poter essere conosciute da entrambe le parti contrattuali per effettuare una scelta consapevole.

Come già indicato, la banca, quale operatore professionale, ha sicuramente conoscenza delle ipotesi legate all’evoluzione dei tassi futuri e, quindi, ha piena consapevolezza dei rischi assunti, ma così non è per il cliente.

È per questo che tali scenari devono essere esplicitati nel contratto.

In mancanza di tali informazioni il cliente non è certamente in grado di operare una scelta “razionale”, con evidente svantaggio a suo carico.

Per ovviare a tale problema il contratto deve indicare tutte le informazioni necessarie per far in modo che il cliente conosca gli ipotetici sviluppi degli accordi (quindi del contratto specifico e non del mercato in generale) che sta per sottoscrivere, assumendo razionalmente l’alea (incertezza) del contratto in misura bilanciata tra le parti.

Tale bilanciamento può però anche non significare identità di posizioni.

Il cliente, infatti, potrà ben decidere di sottoscrivere il contratto correndo dei rischi, nel tentativo di ottenere un vantaggio elevato, ma è chiaro che fare questo conoscendo preventivamente le ipotetiche conseguenze assumerà tutt’altra valenza.

IL MARK TO MARKET E I COSTI IMPLICITI

Si tratta di un ulteriore elemento che il contratto deve contenere per dare alle parti pressoché identica alea.

Il Mark to market è il valore effettivo di mercato del contratto ad una certa data.

Si determina sommando (e attualizzando) i differenziali futuri (quindi lo scambio dei flussi tra le parti) attesi sulla base del contratto sottoscritto.

Si ottiene mediante formule matematiche che permettano di ipotizzare lo sviluppo del contratto sulla base dello scenario del mercato esistente al momento del calcolo.

Se il valore dello scambio è inizialmente nullo, ossia zero, il derivato si definisce “par”, cioè è neutro, quindi né positivo né negativo per le parti.

Questo si ottiene collegando le prestazioni delle parti al livello dei tassi di interesse esistenti al momento della sottoscrizione del contratto.

In caso contrario, il contratto viene definito “non par” e fin dall’inizio si avrà un valore negativo per una delle parti (di solito il cliente).

In questo caso, il valore negativo deve essere specificato in contratto e riequilibrato attraverso la corresponsione, alla parte che accetta le condizioni più penalizzanti, di una somma definita “upfront” sufficiente a riequilibrare le posizioni.

In mancanza di esplicitazione di scenari, mark to market, oppure in assenza di riequilibrio (upfront) ci si trova di fronte a costi occulti o impliciti, il che rende il contratto squilibrato a sfavore del cliente che assume dele scelte (e dei rischi) in maniera del tutto inconsapevole.

COSA SUCCEDE?

In mancanza di questi elementi il contratto deve ritenersi nullo per mancanza di causa ex artt. 1418, comma 2, c.c. e 1322, comma 2, c.c.

In questi casi il contratto non si considera valido, quindi, poiché non contiene gli elementi sulla base dei quali misurare l’alea che si assume, in relazione all’alea che anche la controparte assume.

QUALI CONSEGUENZE CI SONO

Esistono in giurisprudenza due differenti orientamenti.

Il primo, seguito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ritiene che la mancanza di informazioni da parte della banca sia idonea a configurare la la nullità del contratto ex artt. 1418, comma 2, c.c. e 1322, comma 2, c.c.

Secondo altro orientamento, invece, seppur minoritario, si individua la carenza informativa una mera violazione di regole di comportamento da parte dell’Intermediario e quindi suscettibile di generare una sua responsabilità precontrattuale o contrattuale, con obbligo di risarcimento danni.

Questa distinzione assume una fondamentale importanza perché la differenza è notevolissima:

–           nel caso di nullità contrattuale, infatti, essa avrà effetti ex tunc, e quindi le parti avranno diritto a ottenere la restituzione di tutto quanto perso a causa dei differenziali negativi pagati;

–           in caso contrario, invece, bisognerebbe dimostrare l’inadempimento della banca da cui scaturisce la responsabilità e il conseguente diritto al risarcimento del danno, che però si potrebbe configurare solamente al netto della differenza tra i differenziali positivi pagati e quelli negativi pagati.

Il dibattito sul tema è fiorente poiché è accaduto di frequente che i vantaggi per il cliente non si sono realizzati, anzi al contrario il contratto derivato si è rivelato foriero di notevoli perdite.

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