Nel momento in cui viene sottoscritto un contratto di mutuo o di finanziamento, l’Istituto di Credito erogante, sia esso una banca oppure una società finanziaria, viene previsto un piano secondo il quale le somme concesse in “prestito” dovranno essere restituite: parliamo di piano di ammortamento.

Tale piano di ammortamento definito “alla francese” prevede che le rate oggetto del rimborso siano comprensive di una parte del capitale (quota capitale) ed i relativi interessi (quota interessi) calcolati sul debito residuo.

È uno dei metodi previsti per il rimborso dei finanziamenti, alternativo ad altri sistemi come quello tedesco oppure italiano che prevedono una quota capitale costante e una rata variabile.

Si può dire che allo stato attuale, tuttavia, il piano di ammortamento alla francese sia quello più largamente utilizzato.

CAPITALIZZAZIONE SEMPLICE O COMPOSTA – DIFFERENZE

Si deve distinguere tra “interessi semplici” (in “regime di capitalizzazione semplice”) e interessi composti (in “regime di capitalizzazione composta”).

Nel primo caso si parla di interesse “semplice” che si ha quando è proporzionale al capitale e al tempo.

Si può parlare di capitalizzazione con applicazione di interessi “semplici”, quindi, quando gli interessi, maturati da un dato capitale nel periodo di tempo considerato, non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti (ossia non si capitalizzano); quindi, non maturano a loro volta interessi, in ossequio a quanto previsto dal codice civile nell’art. 821.

L’interesse viene detto “composto”, invece, quando è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto.

Tutto questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo, cioè si determina il fenomeno in base al quale l’interesse produce interesse. In sostanza la capitalizzazione degli interessi “in regime composto” si ha quando ad ogni scadenza di pagamento, gli interessi maturati vengono aggiunti al capitale, ancorché una parte di essi ne sia versata (essendo stata appositamente conteggiata per l’applicazione del “regime composto”).

Quest’ultimo è esattamente lo schema che ritroviamo nel piano di ammortamento cd. “alla francese”.

Una differenza che deve essere sottolineata e che distingue i due regimi di capitalizzazione è legata al fatto che, diversamente da quanto accade nel regime semplice, nel regime di capitalizzazione composta gli interessi vengono calcolati prendendo in esame anche l’arco temporale che intercorre tra una rata e l’altra, valutando quindi anche gli interessi che si generano in riferimento a rate che, in quanto tali, sono già comprensive di interessi.

In buona sostanza ogni rata in cui si sviluppa il piano di ammortamento viene capitalizzata.

QUALI EFFETTI SUL PIANO DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE NEI CONTRATTI DI MUTUO O FINANZIAMENTO IN GENERE?

La capitalizzazione composta così come viene concepita determina l’effetto di quello che viene definito “fattore esponenziale”, riconducibile alla formula matematica che viene utilizzata per il calcolo del piano di ammortamento. Tale fenomeno, evidentemente, non si ha nel regime di capitalizzazione semplice.

In un regime di capitalizzazione semplice, il TAN può rappresentare una corretta misura del costo del finanziamento. In un regime di capitalizzazione composta, invece, esso perde questa sua caratteristica (dal momento che la relazione tra tempo e interesse non è più lineare), anzi in tali circostanze, per via della capitalizzazione, il TAN fornisce una misura sottodimensionata del prezzo – costo dell’operazione, rischiando in questo mondo di pregiudicare la completezza di informazione e dunque quel livello di consapevolezza indispensabile per chi deve valutare la convenienza economico – finanziaria della posizione e, dunque, la sua complessiva sostenibilità.

Pertanto, a parità di importo finanziato, di T.A.N. contrattuale, di durata del piano di rimborso e di numero di rate, due prestiti, a seconda del regime di capitalizzazione, produrranno un costo del tutto diverso, che risulterà decisamente più alto in regime di capitalizzazione composta, mentre sarà indiscutibilmente più ridotto in regime di capitalizzazione semplice.

COSA SUCCEDE?

Il risultato che si ha è, quindi, una differenza di costo tra quello che verrà a costare il rimborso di un mutuo con un piano di ammortamento in regime semplice rispetto a quello in regime composto, con una evidente maggiorazione in quest’ultimo caso.

Tale maggior costo andrà dunque preso in esame al fine di valutare quale sia effettivamente il costo del finanziamento.

Ciò in linea con quanto stabilito dalla normativa che disciplina la fattispecie usuraria, secondo la quale (art. 644, IV co. c.p.) per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

In sostanza quella differenza deve essere computata per calcolare quale sia il TEG (tasse effettivo globale) del finanziamento.

Ma la cosa fondamentale è che questa differenza sia resa nota al cliente – mutuatario, così che lo stesso sia messo a conoscenza di quello che è il tasso di interesse che, in misura concreta, reale ed effettiva, viene sopportato.

Il punto della questione è appunto insito nel fatto che nei piani di ammortamento alla francese è frequente la mancanza dell’indicazione del regime di capitalizzazione.

Questo comporta un’alea di incertezza circa il tasso di interesse effettivo, proprio per il differenziale tra il regime di capitalizzazione semplice e quello composto; incognita che, invece, non dovrebbe esserci.

QUALI CONSEGUENZE?

La differenza in termini di costo scaturita dalla “capitalizzazione composta”, rispetto al regime della “capitalizzazione semplice”, dovendo essere ricompresa ai fini del calcolo del TEG può comportare conseguenze rilevanti.

Se annoverando tale “costo occulto” nel calcolo del TEG, quest’ultimo è superiore al limite massimo applicabile (Tasso Soglia Usura – TSU), allora il mutuo deve essere considerato usurario e, in conformità a quanto disposto dall’art. 1815, 2° co. c.c., gli interessi applicati devono essere eliminati.

Alcune pronunce giurisprudenziali interessanti in materia sono la sentenza n. 587 del 5 agosto 2020 del Tribunale di Massa e la Sentenza n. 2881 dell’8 febbraio 2021 del Tribunale di Roma.

Altro effetto è quello di poter determinare la necessità di riconsiderare gli interessi effettivamente dovuti in conseguenza di un effetto anatocistico del piano di ammortamento in conseguenza alla illegittima capitalizzazione degli interessi pattuiti.

In sostanza se il contratto di mutuo prevede un piano di ammortamento senza precisare il regime di capitalizzazione, ma viene poi attuata la capitalizzazione composta, si potrebbe avere un fenomeno anatocistico.

Tale effetto si determina nel momento stesso in cui il piano di ammortamento viene redatto ed è conseguenza diretta della formula matematica mediante la quale si calcola il piano di rimborso.

Infatti, nel regime di capitalizzazione composta vengono conteggiati anche gli interessi che si generano tra una rata e l’altra; rate che, di per sé sono già comprensive di interessi.

Si ha dunque un effetto che può essere definito esponenziale, che invece, evidentemente, manca nel regime di capitalizzazione semplice.

Dall’esame del piano di ammortamento alla francese con regime di capitalizzazione composta, invece, si vede che, una volta individuato il totale complessivo degli interessi e ripartiti gli stessi nelle singole rate, gli interessi saranno calcolati non soltanto sul capitale residuo, bensì, in applicazione della formula matematica tipica della capitalizzazione composta, anche sulla quota interessi pagata su ciascuna singola rata.

La base di calcolo sarà una somma che già di per sé è intrisa di interessi calcolati.

Si può dunque affermare che quello che assume rilevanza non è il pagamento delle rate, bensì il momento il momento del calcolo dell’ammontare complessivo degli interessi, perché è in quella fase e nella distribuzione degli interessi in ogni singola rata che si determina l’effetto anatocistico.

La ragione di questa differenza va, quindi, proprio ricercata nel diverso concetto di interesse semplice (in “regime di capitalizzazione semplice”) e interesse composto (in “regime di capitalizzazione composta”).

Nel primo caso l’interesse è proporzionale al capitale e al tempo e, quindi, gli interessi maturati da un certo capitale in un determinato periodo di tempo non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti (non producono cioè un fenomeno di capitalizzazione).

Nel caso di interesse composto, invece, l’interesse è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto.

Questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo, ovverosia che anche l’interesse produce interesse. Quindi si può parlare di capitalizzazione degli interessi “in regime composto” quando ad ogni scadenza di pagamento, gli interessi maturati vengono aggiunti al capitale, ancorché una parte di essi ne sia versata (essendo stata previamente conteggiata ai fini dell’applicazione della formula matematica del “regime composto”), come accade – appunto – nel piano di rimborso cd. “alla francese”.

Nel piano di ammortamento alla francese di solito riportato in allegato al finanziamento, infatti, gli interessi vengono conteggiati mediante l’applicazione del regime composto. Ciò significa che tale piano di ammortamento genera di per sé stesso, un fenomeno di capitalizzazione di interessi su interessi e, dunque, un effetto anatocistico vietato dall’art. 821, 3° co. e dall’art. 1283 c.c.

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