COS’È

L’articolo 38 del Testo Unico Bancario (T.U.B.) sancisce il limite oltre il quale non può essere concesso un mutuo a fronte di un immobile ipotecato.

Entrando nel dettaglio, tale limite è rappresentato dall’80% del valore dell’immobile.

In casi particolari possono esserci, tuttavia, alcune deroghe che consentono, in caso di garanzie aggiuntive, di raggiungere anche l’erogazione di una somma pari al 100% del valore dell’immobile.

Ma vediamo di capire meglio il perché della presenza di questo limite.

La ragione deve essere individuata nella necessità di far sì che l’immobile ipotecato a fronte del quale viene concesso il mutuo sia sufficientemente capiente, da un punto di vista economico, nel caso in cui lo stesso mutuo non venga rimborsato.

COSA SIGNIFICA?

Il senso della precedente affermazione sta nel fatto che, in caso di mancato pagamento delle rate del mutuo erogato, la banca avrà la necessità di attivare le necessarie procedure volte a recuperare il credito, che sfoceranno nella vendita all’asta dell’immobile.

Tale vendita, normalmente, viene effettuata ad un valore ben al di sotto di quello commerciale e non in prima asta, anche se in teoria la vendita potrebbe avvenire anche in tale momento.

Ipotizzando il concretizzarsi di tale situazione, nel caso in cui ci sia un unico offerente per l’immobile, questi potrebbe divenire aggiudicatario dell’immobile stesso offrendo una cifra più bassa, poiché è ammessa una riduzione del prezzo base d’asta fino al 25% dell’importo fissato dal giudice.

In buona sostanza si può offrire una somma inferiore fino ad un quarto della base d’asta (ciò viene previsto dal Giudice nell’avviso di vendita).

Il risultato sarà che, in assenza di altri candidati, chi ha offerto il 25% della base d’asta si aggiudica l’immobile (in presenza di più offerte, invece, si aggiudica l’immobile chi indica il prezzo più alto).

Si tratta di capire, dunque, cosa succede nel caso in cui tale limite di finanziabilità sia superato in assenza di garanzie aggiuntive.

COSA SUCCEDE?

Nel caso in cui la banca eroghi una somma a titolo di mutuo superando il limite previsto per legge quali possono essere le conseguenze?

Sulla questione il dibattito è fiorente come si potrà leggere di seguito, con differenti ordini di vedute, alle quali si è arrivati a seguito di un’evoluzione della giurisprudenza.

Per comprendere al meglio la questione è opportuno un piccolo sguardo alla normativa di riferimento.

È Banca d’Italia ad avere il compito di «determinare l’ammontare massimo dei finanzia menti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi».

Ed è la normativa stessa a prevedere tale delega, in conformità delle deliberazioni del CICR.

La soglia di finanziabilità dell’80% è stata, infatti, stabilita nella delibera CICR del 22 aprile 1995.

Tale norma non contempla esplicitamente alcuna conseguenza per il caso di concessione di un finanziamento violativo della soglia.

Nullità che, diversamente, è prevista dall’art. 117, comma 8, TUB, che assegna alla Banca d’Italia il potere di prevedere «che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia».

A fronte di tale quadro normativo, la giurisprudenza di legittimità in un primo momento si è orientata nel senso di ritenere che l’art. 38 TUB non potesse rientrare nella previsione dell’art. 117 TUB.

La nullità prevista da quest’ultima disposizione, di conseguenza, non poteva comportare la nullità del mutuo per violazione della soglia di finanziabilità.

Il ragionamento era il seguente.

Non si riteneva esserci alcuna connessione tra la violazione stabilita dall’articolo 117, comma 8 del Testo Unico Bancario e il mancato rispetto del limite di finanziabilità poiché quest’ultimo non sarebbe stato un elemento accertabile al momento della sottoscrizione del contratto.

La motivazione addotta si individuava nella circostanza che il contratto non prevedesse, tra gli elementi necessari, il valore dell’immobile o il costo delle opere.

Si riteneva che, peraltro, mentre il Testo Unico Bancario con l’articolo 117 fosse volto a tutelare il contraente più debole (quindi il mutuatario nei confronti della banca), l’art. 38 TUB, al contrario, fosse volto a tutelare il sistema bancario, onde evitare che gli istituti di credito erogassero somme sproporzionate rispetto alle garanzie ricevute in cambio (ossia l’interesse esattamente opposto a quello del cliente che, invece, ha interesse a ricevere una somma il più alta possibile).

La violazione di tale principio, pertanto, avrebbe determinato al massimo una sanzione prevista dall’ordinamento bancario, ma non una ipotesi di nullità contrattuale.

In questo quadro normativo di partenza è intervenuta un’inversione di tendenza nel 2017, quando la Corte di Cassazione ha mutato il proprio orientamento, iniziando a ritenere che il superamento della soglia di finanziabilità determinasse la nullità del contratto, operando la conversione in contratto di finanziamento ipotecario.

Pur ritenendo di non poter ricondurre l’ipotesi del superamento del limite di finanziabilità nelle nullità previste dall’art. 117TUB, la sanzione della nullità con conseguente conversione del mutuo da fondiario in ipotecario, veniva vista come l’unica percorribile per ragioni di interesse economico nazionale.

Per la precisione, il limite di finanziabilità, secondo questa teoria, rappresenterebbe un limite inderogabile dell’autonomia privata.

Tutto questo perché l’interesse che viene tutelato ha carattere pubblico, volto a regolamentare la quantificazione dell’erogazione del credito e favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare.

Si tratta, pertanto, di un interesse che, anche se potenzialmente, riguarda l’intera collettività.

Venuta meno l’ipotesi di configurare la parziale nullità del contratto di mutuo che presenta il superamento del limite di finanziabilità, si è ritenuto di poterlo convertire in un mutuo ipotecario ordinario, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 1424 c.c.

Conversione del mutuo fondiario in mutuo ipotecario

In questo caso (che trova fondamento nell’art. 1424 c.c.) il contratto di mutuo fondiario nullo per violazione dell’art. 38 T.U.B. può essere di convertito in un valido ed efficace contratto di mutuo ipotecario.

In tal modo si conservano le relative condizioni economiche pattuite.

Il mutuante che abbia conoscenza della nullità può presentare un’apposita istanza di conversione.

ATTENZIONE!

Il presupposto fondamentale e imprescindibile affinché si possa fare questo è che si ignori completamente questo motivo di potenziale nullità al momento di conclusione del contratto.

Così descritta, la faccenda sembrerebbe essere stata risolta.

Ad oggi, tuttavia, sussistono dei dubbi sul punto e vediamo il perché.

QUALI PROBLEMI?

L’aspetto fondamentale per inquadrare il contratto è capire la natura della normativa violata, ossia se questa abbia carattere pubblicistico (e quindi di tutela per la collettività) o meno.

La questione rilevante è, pertanto, comprendere se il mutuo sia da considerarsi nullo a causa della violazione di una norma imperativa o meno.

Secondo un orientamento prevalente, il carattere imperativo sarebbe da individuarsi nell’interesse protetto, ossia l’obiettivo economico generale volto ad agevolare la mobilità degli immobili (nonché facilitare l’economia nazionale), concedendo in cambio alla banca il consolidamento dell’ipoteca fondiaria.

In senso opposto, invece, si potrebbe ritenere che la determinazione violata non sia una fonte normativa primaria (come l’art. 38 TUB), bensì una fonte subordinata da individuarsi nel provvedimento della Banca d’Italia.

Bisognerebbe verificare, quindi, se le regole prescritte da Banca d’Italia, in esecuzione della delega ricevuta dal legislatore, abbiano il compito di garantire il pubblico interesse, oppure se, diversamente, perseguano la finalità di evitare un’eccessiva esposizione delle banche.

In altri termini, pare necessaria un’attenta disamina analitica della reale caratura dell’interesse protetto.

Il primo dubbio è, quindi, il seguente: la norma mira a proteggere l’Istituto di credito contro rischi eccessivi o, in via diametralmente opposta, garantire un interesse di carattere realmente generale? 

Ma questo non basta.

Sotto un altro profilo, sempre secondo l’orientamento prevalente, l’art. 38 TUB imporrebbe una regola disponendo un elemento fondamentale della fattispecie.

In tal caso, la violazione di un elemento fondamentale relativo alla validità del contratto (peraltro disposto da una norma inderogabile) comporterebbe la conseguente nullità in termini assoluti dello stesso.

Tutto questo in applicazione del principio secondo cui la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative debba essere conseguente a violazioni riconducibili a elementi propri del negozio giuridico (contratto) stesso.

Al contrario, invece, si potrebbe riflettere sul fatto che la norma, pur delegando alla Banca d’Italia il compito di individuare la percentuale massima, non interferisce sul contratto, rappresentando la percentuale solo una caratteristica quantitativa.

Il senso di quest’ultimo discorso sarebbe il seguente: il contratto si conclude ed ha per oggetto l’erogazione di una somma di denaro in riferimento alla quale la percentuale rappresenta una mera specificazione, restando del tutto invariata la struttura della fattispecie nei suoi fondamentali elementi tipizzati.

In quest’ultimo caso, la stessa previsione della soglia dell’80% non inciderebbe in alcun modo sul sinallagma contrattuale, disciplinando meramente il comportamento della Banca in vista della tutela della sua stabilità patrimoniale.

CONSEGUENZE DELLA SANZIONE DELLA NULLITÀ

Da analizzare con estrema attenzione sono i risultati ai quali si giunge a seconda del tipo di conseguenza che si ritiene di dover applicare al superamento del limite di finanziabilità.

Da una parte, la sanzione della nullità del contratto di mutuo non farebbe altro che ridurre ancor di più la stabilità economica della banca che la normativa intendeva perseguire; pertanto, tale sanzione sarebbe illogica sotto questo aspetto, oltreché eccessivamente penalizzante per l’istituto di credito.

Dall’altro, per converso, inquadrare l’art. 38 come norma imperativa a tutela dell’interesse pubblico determinerebbe, come unica conseguenza possibile, la nullità del contratto (e il venir meno dell’ipoteca), a meno di ricorrere all’applicazione dell’art. 1424 (ove applicabile) con la conseguente conversione del mutuo da fondiario in ordinario ipotecario.

Un aspetto da tenere nella dovuta considerazione, nel caso il contratto venga considerato nullo, è quello relativo alla valutazione reale del bene immobile.

La definizione del valore, evidentemente, può avvenire soltanto per il tramite di valutazioni estimatorie che, tuttavia, rifacendosi ai valori di mercato, sono prive di certezza assoluta (se non all’esito dell’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio in un contenzioso).

Tale profilo non deve essere sottovalutato!

Può capitare, infatti, che l’iniziale perizia estimativa, pur se involontariamente, potrebbe essere stata troppo elevata.

Questo rappresenta un rischio da evitare poiché si potrebbe pervenire all’assurdo risultato per il quale il mutuatario, per il solo fatto di aver ricevuto una somma superiore a quella consentita, avrebbe la possibilità di liberare l’immobile dall’ipoteca (con potenziali effetti deflagranti nel caso di esecuzione immobiliare avviata da parte della banca, non solo per sé stessa, ma anche per eventuali creditori intervenuti senza titolo).

CONCLUSIONI E SOLUZIONI PLAUSIBILI

Visto il quadro difficile nel quale la vicenda si colloca, ritenendo peraltro difficilmente utilizzabile lo strumento della conversione del contratto nullo (richiedendo l’ignoranza di entrambe le parti circa l’invalidità del contratto stipulato), appare opportuno ricorrere ad uno strumento differente.

L’ipotesi plausibile un percorso effettivamente alternativo potrebbe essere riqualificare il contratto come un mutuo ipotecario ordinario, a prescindere dalle tutele previste per legge.

Il risultato sarà certamente penalizzante per la banca, stante il venir meno della disciplina di favore prevista per i mutui fondiari, ma così facendo ci sarebbe il vantaggio per entrambe le parti di mantenere il contratto in essere (banca) e sottrarsi da eventuali procedure esecutive con disciplina di favore (per il mutuatario).

Contatto Skype

Cecchini Studio Legale

live:gianfra.77