COS’È

È un atto mediante il quale l’Agente per la Riscossione sollecita il contribuente al pagamento di una determinata soma di denaro.

Entrando più nel dettaglio, si tratta di un atto con il quale viene richiesto un importo normalmente riconducibile ad un numero imprecisato di cartelle notificate in precedenza.

In caso di mancato pagamento a quanto contenuto in una cartella notificata, quindi, è probabile vedersi recapitata un’intimazione di pagamento.

COME FUNZIONA?

La ragione che porta l’Agente a notificare l’intimazione di pagamento è molto semplice.

Per poter recuperare le somme dovute, il creditore (lo Stato o altro Ente Pubblico in questo caso) ha bisogno di un valido titolo esecutivo notificato al debitore (nel nostro caso il contribuente).

Nella pretesa tributaria il titolo esecutivo che è a fondamento del tutto è rappresentato dal ruolo, contenuto nella cartella di pagamento.

Non tutti sanno come funziona il sistema.

Vediamo di capire meglio il perché di questo sistema.

PERCHÉ?

Decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’Agente per la Riscossione non può più attivare le procedure esecutive.

Per tale ragione, pur in presenza di una valida notifica di una cartella di pagamento, decorso tale termine l’Agente è obbligato a notificare l’intimazione di pagamento.

ATTENZIONE!

Anche l’intimazione di pagamento ha una scadenza!

L’intimazione, al pari della cartella, ha validità un anno (fino al 16/07/2020 la validità era 180 giorni), il che significa che l’esattore dovrà attivarsi entro tale termine per procedere all’esecuzione.

Il motivo è dovuto al fatto che sarebbe ingiusto sottoporre il contribuente alla scure di una potenziale esecuzione infinita, ossia senza alcun termine decorso il quale potersi ritenere liberi.

COSA FARE?

Prima di procedere al pagamento delle somme richieste, è buona norma verificare che queste siano dovute.

Come prima cosa si deve sfatare la convinzione che la clausola contenuta nell’intimazione relativa al “pagare entro 5 giorni” sia l’unica utile per il contribuente che, al pari di quanto avviene con la cartella di pagamento, può proporre ricorso nei termini di legge.

Quali sono i termini per impugnare un’intimazione di pagamento?

Il termine per l’impugnazione può variare a seconda del tipo di cartelle a fondamento dell’intimazione.

Di conseguenza sarà differente anche l’autorità giudiziaria competente a decidere sul ricorso.

A mero titolo esemplificativo, le intimazioni di pagamento aventi ad oggetto debiti nei confronti dell’INPS o dell’INAIL devono essere impugnate entro 40 giorni dalla notificazione innanzi al Tribunale del Lavoro.

Per quanto riguarda, invece, le intimazioni di pagamento relative a debiti tributari vanno impugnate innanzi alla Commissione tributaria competente nel termine di 60 giorni dalla notificazione.

Bisogna prestare molta attenzione, pertanto, in seguito al ricevimento dell’intimazione di pagamento, poiché c’è il rischio che l’Agente per la Riscossione possa pignorare il conto corrente, lo stipendio, fermarvi la macchina, ipotecarvi la casa.

PERCHÈ FARE RICORSO?

La ragione per la quale è indispensabile fare ricorso è dovuta al fatto che, nel caso in cui la cartella a presupposto dell’intimazione non sia stata validamente notificata, la mancata proposizione del ricorso avverso l’intimazione comporta il superamento di questo vizio.

La cartella diventa definitiva e, di conseguenza, non si può più fare nulla, se non eccepire la prescrizione dalla notifica dell’intimazione.

Questo è un principio tipico del diritto amministrativo, secondo il quale la notifica irrituale dell’atto “presupposto” deve essere fatta valere impugnando l’atto “successivo” (articolo 19, comma 3, decreto legislativo n. 546/1992).

In caso di patrimoni a rischio, potrebbe essere opportuno proporre ricorso e rateizzare il debito, il che non costituisce un riconoscimento dello stesso, bensì solamente un mezzo per evitare rischi peggiori.

COME FARE RICORSO?

I motivi per i quali si può proporre ricorso sono vari, tra i quali, a mero titolo esemplificativo:

  • La mancata presenza di una corretta motivazione dell’intimazione di pagamento;
  • Notifica della cartella di pagamento presupposta non regolare;
  • Prescrizione maturata dei tributi indicati nell’intimazione di pagamento.

In particolare, l’impugnazione con la quale di deduce l’omessa notifica della cartella di pagamento, può essere proposta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario.

Sarà quest’ultimo che, evocato in giudizio, avrà la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore (allo scopo di renderlo partecipe della responsabilità della gestione del processo).

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Cecchini Studio Legale

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