Il momento del passaggio generazionale all’interno dell’impresa è sicuramente una delle fasi più delicate che un’azienda deve affrontare, in particolar modo per quelle società nelle quali le quote sono nelle mani dei membri di una famiglia.

COS’È

Il patto di famiglia è un contratto per mezzo del quale l’imprenditore trasferisce, a uno o più discendenti, l’azienda (in tutto o in parte, oppure una quota delle partecipazioni societarie.

In buona sostanza, si tratta di uno strumento che  porta al trasferimento immediato dell’impresa di famiglia, anticipando, di fatto, gli effetti della successione, evitando così contestazioni in sede di eredità.

Così facendo, si permette un passaggio generazionale meno traumatico della ricchezza familiare rappresentata da un’attività di impresa.

Pur essendo un istituto di recente introduzione (2006) nel nostro Ordinamento Giuridico, la portata innovatrice è stata notevole, in quanto sono abbastanza diffuse in Italia le imprese di tipo “familiare”.

Di seguito vediamone le peculiarità.

REQUISITI E CARATTERISTICHE

Il primo requisito fondamentale riguarda la costituzione: il patto di famiglia deve essere costituito con atto pubblico, richiedendo necessariamente la presenza del notaio.

Diversamente l’atto è nullo.

Il secondo aspetto è la partecipazione dell’imprenditore insieme a tutti coloro che sarebbero eredi legittimari [ossia i soggetti che in nessun caso potrebbero essere esclusi dalla successione, come il coniuge e i figli (richiedendosi in caso di figlio minore l’autorizzazione del Giudice Tutelare, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione)] in caso di apertura della successione nella medesima data di stesura del patto di famiglia.

Un patto redatto con la finalità di escludere un soggetto avente diritto alla successione è, infatti, inefficace.

Per quanto riguarda, invece, i casi nei quali il patto di famiglia sia stato redatto in assenza di consenso (magari per errore, oppure in caso di violenza o dolo) il contratto potrà essere oggetto di impugnazione entro il termine di un anno dalla redazione del patto.

Una menzione particolare va fatta sulla figura dell’imprenditore, intendendosi per esso, non solamente colui che eserciti un’attività economica organizzata, ma anche semplicemente il titolare dell’azienda o, ancora, titolare delle partecipazioni sociali che la rappresentano.

COME FUNZIONA

Il patto prevede il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni al capitale sociale da parte dell’imprenditore ad alcuno dei suoi discendenti.

A fronte di questo, i beneficiari delle partecipazioni dovranno compensare gli altri partecipanti al patto di famiglia mediante il pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore delle partecipazioni che sarebbero spettate loro in caso di successione.

Unico principio a questa regola generale è la rinuncia espressa da parte del legittimario.

La principale differenza che si nota rispetto alla successione è rappresentata dal fatto che, a differenza di quanto avviene con il testamento che produce i suoi effetti con la morte del de cuius, il patto di famiglia è  immediatamente efficace.

La compensazione sopra indicata può essere effettuata, però anche dall’imprenditore stesso.

Pur potendo sembrare quest’ultimo un aspetto illogico, si rifà, in realtà, a delle esigenze pratiche che possono determinarsi in particolare situazioni: basti pensare ad aziende con grandi patrimoni che vengono trasmesse a figli con patrimoni non ancora sufficientemente capienti (magari per la giovane età) a effettuare il pagamento per la compensazione.

Tale adempimento, può essere effettuato, in tutto o in parte, in denaro o in natura; in quest’ultimo caso si potrà prevedere che alcuni beni siano assegnati ai soggetti non beneficiari del patto di famiglia, imputandosi detti beni alle quote di legittima loro spettanti (a tutti gli effetti una sorta di anticipo sulla futura eredità).

CASISTICHE PARTICOLARI E PROBLEMI

Una volta aperta la successione dell’imprenditore possono verificarsi situazioni nuove, non previste al momento di stesura del patto di famiglia.

Un esempio può essere rappresentato dalla presenza di nuovi legittimari, come un nuovo coniuge dell’imprenditore vedovo, oppure figli di secondo letto.

In questi casi, tali soggetti, a tutti gli effetti legittimari, potranno chiedere ai beneficiari del patto di famiglia il pagamento di una somma pari al valore della quota di legittima che gli spetta per legge.

Nonostante sia evidentemente opportuno l’adoperarsi da parte del legislatore per prevedere tali forme di tutela, le situazioni che si vengono a creare in tali ipotesi, pur essendo apparentemente di facile soluzione, possono comportare notevoli difficoltà.

Vediamo quali.

Il primo problema è determinare la base di calcolo della quota spettante al legittimario sopravvenuto: come si può calcolare, anche a distanza di molti anni, il valore dell’azienda donata all’epoca (e quindi quale fosse l’effettiva consistenza che aveva) e quale criterio va utilizzato, per determinare il valore della specifica azienda che venne fatta oggetto del patto di famiglia?
Altro aspetto,
certamente non secondario: chi è, tra i soggetti beneficiari, il debitore del familiare sopravvenuto?

A tale quesito la risposta parrebbe semplice: per principio generale essendoci più di un potenziale debitore, si applicherà il principio generale di solidarietà (articolo 1292 del codice civile) e, quindi, possibilità del creditore di chiedere, “a discrezione”, a uno qualsiasi.

La criticità è, però, la seguente: trattandosi di pagamenti che possono essere di importi elevati, in alcuni casi da effettuare anche dopo decine di anni, il partecipante ad un patto di famiglia deve precostituirsi e mantenere una corrispondente provvista?

Pur potendo apparire assurdo, la risposta è assolutamente sì.

SCIOGLIMENTO E MODIFICA

Il patto di famiglia può essere sciolto o modificato dai soggetti che lo hanno sottoscritto in due diversi modi:

  • con un diverso contratto, stipulato sempre per atto pubblico;
  • mediante recesso, se tale clausola è prevista nel patto da sciogliere o modificare.

VANTAGGI FISCALI DEL PATTO DI FAMIGLIA

Gli aspetti fiscali inerenti il patto di famiglia ruotano intorno all’applicazione dell’imposta di successione e donazione.

Ciò in quanto l’art. 3, c. 4-ter D. Lgs. 346/1990 esclude l’applicazione dell’imposta per una serie di soggetti (società di capitali di cui all’art. 73, c. 1, lett. a) del Tuir) e al rispetto di determinate condizioni:

  • beneficiario del trasferimento deve essere un discendente o il coniuge del disponente;
  • in caso di trasferimento della partecipazione, il discendente deve acquisire il controllo della società;
  • l’attività di impresa deve essere proseguita per almeno 5 anni o, in caso di mera detenzione di quote, le stesse non devono essere trasferite prima di un periodo di 5 anni.

Apparentemente tale principio, riconducibile alle società di capitali, sembrerebbe non applicabile al patto di famiglia che abbia ad oggetto le società di persone.

Si è ritenuto, tuttavia, che tale principio operi anche in caso di patto di famiglia avente ad oggetto tali forme societarie, con esclusione delle società semplici.

ATTENZIONE

Il mancato rispetto dei principi sopra indicati comporta l’applicazione dell’imposta e relative sanzioni.

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